Tutto il giorno tutti i giorni

Cartier Bresson, maestro e amico, diceva che il tempo restituisce il rispetto con cui lo si tratta. E, insuperabilmente, ci ha insegnato che fotografare, fotografare bene, significa mettere sulla stessa linea di mira l’occhio, la mente e il cuore. In questo lavoro di Piero, la prima cosa che salta agli occhi, è il rispetto del tempo con cui lo ha messo insieme. La scelta del tempo lungo non è soltanto frutto di un’esigenza di approfondimento. Corrisponde ad una necessità morale, intellettuale e, direi soprattutto stilistica. La lentezza, infatti, è un elemento chiave nell’universo della disabilità. Lentezza imposta dalle variegate forme dell’ingiustizia della natura, ma anche, mirabilmente, strumento principe che le persone che ne sono vittime sanno trasformare, con pazienza e coraggio infiniti, nella via più importante, spesso l’unica, per riuscire a vivere comunque una vita degna e umana. C’è una foto conclusiva di questo lavoro che mi ha fatto subito pensare all’altra, memorabile, di Elliott Erwitt, scattata in uno stato del sud degli Stati Uniti. C’è uno squallido lavabo, ma ci sono due lavandini, uno più alto e pretenzioso sormontato dalla scritta White people, e accanto, un altro più piccolo e sordido, sormontato dalla scritta black only, nel quale un uomo di colore si sta lavando le mani.

Un semplicissimo, potentissimo, sarcastico monumento alla stupidità umana, più efficace di mille saggi sul razzismo. La foto di Cavagna ci mostra la parete di ingresso di un condominio dove sono allineate le casette per le lettere. Due di esse sono state abbassate, per i disabili. Sopra rimane l’alone della loro precedente posizione e persino i buchi delle viti. Un monumento alla sciatteria e all’insensibilità._Ferdinando Scianna